L’Atalanta travolge la Fiorentina in semifinale: ora affronterà la Juventus
Risultato netto per gli uomini di Gasperini che si impongono in casa per 4 reti a 1. Una viola combattiva nonostante l’espulsione di Milenkovic e che trova il gol del pari, costretta a cedere sulla lunga distanza. Il 15 maggio all’Olimpico andrà in scena la finale contro i bianconeri, la stessa di tre anni fa.
Entrambe le compagini in campo avevano più di un motivo per dare tutto in questa semifinale. Da una parte la Fiorentina di Vincenzo Italiano, scossa dalla recente dipartita del direttore generale Joe Barone, scomparso di recente, impegnata a raggiungere la terza finale negli ultimi quattro anni. Dall’altra parte l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, vera e propria realtà ormai consolidata ad alti livelli del calcio italiano, artefice di una stagione più che positiva, coronata dalla possibilità di giocare ancora in tre competizioni e in piena lotta per un piazzamento in extremis in zona Champions League.
A spuntarla è stato il tecnico di Grugliasco che ha punito la Fiorentina con un risultato che, ad analizzare l’andamento della gara, risulta piuttosto severo ma tutto sommato giusto dati i valori e le forze messi in campo.
Una Viola sterile e una Dea guerriera
La Fiorentina parte con grande coraggio e applicazione gestendo il possesso palla contro un’Atalanta aggressiva, tignosa, capace di attendere e di ripartire con cinismo e ordine. Dopo diversi minuti di possesso della Viola,all’ 8′ un rimpallo fortunoso su Mandragora favorisce Teun Koopmeiners che si invola verso la porta e segna la prima marcatura personale della gara. Una doccia fredda per gli uomini di Italiano che si impegnano a mantenere il pallino della gara, senza mai impensierire Carnesecchi.
L’Atalanta sfrutta la maggiore qualità dei suoi uomini e si vede annullare la rete del raddoppio di Scamacca, protagonista di una prestazione sontuosa, a causa di un fallo commesso da Koopmeiners su Beltran.
Il resto del primo tempo procede sui binari di un possesso sterile dei toscani, capaci soltanto di affacciarsi al tiro con azioni estemporanee da fuori con Mandragora e Bonaventura, e la Dea che, dal canto suo, ha a disposizione più di un’opportunità per arrotondare il punteggio. Dapprima con il solito Koopmeiners di destro e, successivamente, con De Ketelaere che sfiora il palo con un mancino insidioso e, infine, Ruggeri che spara alto a pochi passi da Terracciano.
Rosso a Milenkovic e l’Atalanta la ribalta
La ripresa riparte seguendo la falsariga del primo tempo. Subito l’Atalanta si rende pericolosa al 49′ con Zappacosta che serve un pallone morbido all’indirizzo di un Ruggeri poco avvezzo al gioco aereo e spedisce a lato con un colpo di testa il pallone.
Dopo pochi istanti (53′) è la volta di De Ketelaere a creare scompiglio nella retroguardia fiorentina: un filtrante preciso serve Scamacca, Milenkovic lo abbatte al limite dell’area ed è rosso diretto per il difensore serbo.
Cambia inevitabilmente il copione della gara e stavolta è la Dea ad avanzare con più gamba, favorita dalla superiorità numerica. La Fiorentina arranca e deve attendere di conquistare un prezioso calcio di punizione al 68′ per potersi affacciare nella metacampo avversaria. Biraghi ne approfitta e con una punizione perfetta trova il subentrato Martinez Quarta, in veste di attaccante aggiunto, che mette dentro di testa e assicura il momentaneo passaggio alla fase finale della competizione.
La fatica e l’inferiorità, numerica e di mezzi, spezza le gambe a qualsiasi tentativo di rialzare la testa da parte degli uomini di Italiano e l’Atalanta colpisce con cattiveria, affondando il colpo appena ne ha l’occasione. Al 75′ De Ketelaere pennella un cross di fino per Scamacca che si prodiga in una rovesciata da manuale e segna un goal stupendo che abbatte le speranze della Fiorentina.
È un saliscendi di emozioni nel finale fra occasioni mancate e il gol di Lookman nei tempi di recupero, soggetto a revisione VAR, e poi convalidato e Mario Pasalic – con uno scavetto – per la quinta rete della gara che pone fine al percorso della Viola in Coppa Italia.
Il volto della Dea e quello della Viola
Lo spettacolo andato in scena ieri al Gewiss Stadium è stato di tutt’altra fattura rispetto all’altra semifinale (Lazio-Juventus). Abbiamo assistito allo scontro fra due squadre che sono riuscite, nel corso degli anni, a darsi due identità differenti, ma forti, grazie alla sapiente mano dei rispettivi tecnici.
Gasperini e la sua Dea dei miracoli continuano ad impressionare, nonostante gli scetticismi degli addetti ai lavori siano costanti ad ogni inizio stagione, e gli orobici continuano a stupire ed incantare i tifosi di tutta Italia. La rivitalizzazione di Charles De Keteleare e di Gianluca Scamacca sono un segnale evidente in questo senso, ed è impressionante come gli standard qualitativi dell’Atalanta rimangano pressoché immutati di stagione in stagione. Sono tanti interpreti nel corso delle varie annate calcistiche avvicendatisi alla corte del Gasp, e colpisce ancor di più che la Dea non si scoraggi e riesca sempre a mutare pelle, mantenendo il suo dna di squadra forte, intensa, capace di far male, attenta e organizzata militarmente in difesa, ma che non rinuncia alle incursioni in avanti. Questo merito va rintracciato oggi più che mai nella metodologia austera e rigorosa del suo allenatore, con il quale i paragoni con la leggenda dello United Sir Alex Ferguson – per quanto entrambi sono riusciti a fare all’interno delle loro rispettive piazze – oramai si sprecano in ogni sede. Un trofeo, sia esso l’Europa League o la Coppa Italia, sarebbe la coronazione perfetta di questa favola e renderebbe questo paragone ancora più calzante.
Discorso un filo più complesso per quel che riguarda Vincenzo Italiano e la Fiorentina. Sicuramente il tecnico ex Spezia è un valore aggiunto per la società toscana e ai piani alti ne sono ben consapevoli, dal momento che il tecnico è stato messo sotto accusa più dai tifosi che dalla dirigenza. La Viola offre un calcio che, quando ingrana a dovere, è uno dei più propositivi e spregiudicati della massima serie, ma come ogni medaglia, all’apparenza luccicante, esiste un rovescio su cui c’è da riflettere.
A nostro modo di vedere, Vincenzo Italiano per compiere il salto di qualità definitivo che lo proietterebbe sulla panchina di una big con grandi risultati deve imparare a gestire in maniera più ottimale le risorse a sua disposizione. Spesso regna il caos in termini di scelta dell’undici titolare: è suo il record siglato pochi mesi fa di 136 formazioni mai uguali l’una all’altra in altrettante gare. Tanti schieramenti differenti che il tecnico ha sperimentato e questo, in una piazza work in progress quale è la Fiorentina attuale, non fa altro che generare confusione in una rosa che ha sì degli elementi interessanti (Martinez Quarta, Arthur, Kayode su tutti) ma che certo non brilla per qualità e valore dei singoli.
Stando a quanto riportato da vari media, Italiano a fine stagione dovrebbe lasciare la panchina della dopo tre stagioni. Napoli e Bologna si sarebbero già attivate nell’eventualità di assicurarsi uno degli allenatori più promettenti del panorama calcistico italiano. Vedremo se il salto di qualità in una di queste due realtà – se avverrà- sarà propizio di un cambiamento nei metodi di gestione del tecnico di Karlsruhe che, al netto di ciò, vanta una delle proposte di gioco più interessanti ed affascinanti del calcio moderno.